Provvigioni wedding planner: un tema delicato da affrontare con trasparenza
Oggi l’ispirazione per questo articolo sulle provvigioni wedding planner mi è venuta in seguito a un episodio accaduto proprio stamattina. In questi giorni sono stata contattata da un fornitore, un DJ, che voleva ampliare il suo portfolio contatti. Come sempre, ho proposto una video call conoscitiva per capire se fosse in target con i miei fornitori e con il tipo di matrimonio che organizzo, e se le nostre politiche aziendali fossero compatibili.
Fin da subito, due dettagli mi hanno colpito negativamente in questo scambio. Il primo è stato l’approccio informale del DJ: nelle email e nei messaggi WhatsApp mi ha dato del “tu” senza alcun preambolo. Io non sono un’amica, ma una professionista, e questo atteggiamento denota una mancanza di rispetto per il mio ruolo.
Il secondo dettaglio riguarda la qualità del suo servizio. Quando seleziono un fornitore, la prima cosa che faccio è cercare informazioni online: foto, video, recensioni. Guardando il materiale disponibile, ho subito notato che non utilizza una console professionale, ma una semplice pianola collegata a un computer. Di solito, i DJ con cui collaboro hanno standard più elevati, ma ho comunque voluto approfondire per valutare se potesse essere adatto a determinati eventi.
La questione della provvigione wedding planner
Dopo qualche scambio di messaggi, ho chiarito subito il mio metodo di lavoro: collaboro con fornitori che riconoscono una provvigione wedding planner. Questo non perché mi spetti di diritto, ma perché il mio lavoro include mediazione, selezione dei professionisti, gestione dei clienti e garanzia che tutto proceda senza intoppi. In altre parole, non sono solo un’intermediaria, ma un valore aggiunto sia per gli sposi sia per il fornitore.
All’inizio, il DJ si è detto d’accordo a riconoscermi la provvigione wedding planner. Poi, però, ha aggiunto: “Ma tanto la carico sul cliente.” Ecco, qui è scattata la mia obiezione.
Perché la provvigione wedding planner non deve essere una spesa occulta
Non collaboro con fornitori che scaricano la provvigione wedding planner sugli sposi. Per me, la trasparenza è fondamentale. Se un fornitore accetta di lavorare con me, lo fa perché riconosce il valore del mio operato e non perché vuole scaricare il costo sul cliente finale.
Gli sposi mi pagano per i servizi di organizzazione e coordinamento, ma anche i fornitori devono riconoscere il mio contributo. Il mio lavoro non si limita a mettere in contatto le parti, ma include gestione dei contratti, garanzia dei pagamenti, problem solving e una serie di attività che agevolano il lavoro del fornitore stesso.
Se il costo della provvigione wedding planner viene occultato e caricato sugli sposi, il risultato è duplice:
1. Non è corretto nei confronti degli sposi, che pagano un prezzo maggiorato senza saperlo.
2. Sminuisce il valore della mia professionalità, come se il mio lavoro non avesse un peso concreto.
Provvigioni wedding planner: una prassi comune, ma non ovunque
Molti fornitori rifiutano di riconoscere la provvigione wedding planner, e non c’è nulla di male in questo. Semplicemente, non rientrano nel mio network di collaborazioni. Il problema è che il tema delle provvigioni wedding planner è ancora un tabù, trattato con imbarazzo e spesso nascosto.
In molte regioni d’Italia, il riconoscimento delle provvigioni wedding planner è una prassi consolidata. Tuttavia, ci sono località, dove per tradizione i fornitori non riconoscono alcuna provvigione wedding planner. In queste zone, i costi delle wedding planner sono generalmente più alti perché tutto il compenso viene caricato direttamente sugli sposi.
Dove invece la provvigione wedding planner è riconosciuta, il costo della wedding planner si abbassa, perché il compenso viene ripartito tra sposi e fornitori. Questo meccanismo permette di bilanciare i costi e di creare un sistema più equo per tutti.
Trasparenza e fiducia: le basi di un rapporto professionale
Un altro aspetto fondamentale è la chiarezza nei confronti degli sposi. Una wedding planner professionista deve essere trasparente sul suo modello di guadagno, senza creare zone d’ombra.
Se un fornitore non ha mai lavorato con una wedding planner e non comprende il valore della collaborazione, è compito della wedding planner spiegare il proprio ruolo. Tuttavia, ci sono situazioni in cui non è possibile assumersi la responsabilità di un fornitore che il cliente ha scelto autonomamente. In questi casi, non ha senso chiedere una provvigione wedding planner, perché la wedding planner non ha avuto un ruolo attivo nella selezione.
Un equilibrio tra clienti e fornitori
La wedding planner non deve spingere sui clienti per scegliere determinati fornitori solo perché le riconoscono una provvigione. Il suo obiettivo principale è garantire la qualità del servizio offerto agli sposi e costruire un network di fornitori affidabili e professionali.
D’altra parte, il riconoscimento delle provvigioni wedding planner non è una “furbata” per guadagnare di più, ma un compenso per un lavoro reale e concreto. Chi non lo riconosce, lo fa molto spesso perché non considera il valore aggiunto che una wedding planner porta nel processo di organizzazione di un matrimonio.
Provvigioni wedding planner, una scelta di professionalità
L’episodio con il DJ mi ha fatto riflettere su quanto ancora sia necessario parlare apertamente del tema delle provvigioni wedding planner. Molti fornitori non vogliono riconoscerle, e va bene così: ognuno sceglie il proprio modello di business.
Tuttavia, il vero problema nasce quando le provvigioni wedding planner vengono caricate occultamente sugli sposi. Questo non solo è scorretto, ma mina la fiducia nel settore. La trasparenza è l’unico modo per garantire un servizio equo e professionale, sia per i fornitori sia per i clienti.
Una wedding planner non è solo una figura di contatto tra sposi e fornitori: è un punto di riferimento, un mediatore e un garante della qualità del servizio. E come ogni professionista, il suo lavoro merita di essere riconosciuto e valorizzato.
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